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mercoledì 31 dicembre 2014

2014 film

Film

Il mio meglio del 2014:

1. Lei di Spike Jonze
2. Grand Budapest Hotel di Wes Anderson
3. Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmusch
4. L'amore bugiardo - Gone Girl di David Fincher
5. Frances Ha di Noah Baumbach
6. Si alza il vento di Hayao Miyazaki
7. Snowpiercer di Bong Joon-ho
8. Nymphomaniac - Volume 1 & 2 di Lars von Trier
9. Ida di Pawel Pawlikowski
10. Mommy di Xavier Dolan
11. Guardiani della Galassia di James Gunn
12. A proposito di Davis di Ethan & Joel Coen
13. Le meraviglie di Alice Rohrwacher
14. Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée
15. 12 anni schiavo di Steve McQueen

Quest'anno son scarso, solo quindici film. Il ritardatario Synecdoche, New York di Charlie Kaufman meritava un posto in tra i primi dieci ma sei anni di ritardo sono un po' tanti.

Premio portafortuna a film che forse usciranno l'anno prossimo :


Palo Alto di Gia Coppola
VAN valami furcsa és megmagyarázhatatlan di Gábor Reisz
Hoje Eu Quero Voltar Sozinho di Daniel Ribeiro
The Double di Richard Ayoade
Tom à la ferme di Xavier Dolan
The Disappearance of Eleanor Rigby: Her di Ned Benson

lunedì 30 dicembre 2013

Classificozzo cinematografico

film

Classificozzo cinematografico in arrivo:

1. Anna Karenina di Joe Wright
2. Frankenweenie di Tim Burton
3. Spring Breakers - Una vacanza da sballo di Harmony Korine
4. La grande bellezza di Paolo Sorrentino
5. Bling Ring di Sofia Coppola
6. Royal Affair di Nikolaj Arcel
7. Cloud Atlas di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski
8. No - I giorni dell'arcobaleno di Pablo Larrain
9. Il passato di Asghar Farhadi
10. Pacific Rim di Guillermo del Toro

11. Blue Jasmine di Woody Allen
12. Come un tuono di Derek Cianfrance
13. La vita di Adele di Abdellatif Kechiche
14. Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow
15. Mood Indigo - La schiuma dei giorni di Michel Gondry
16. Blancanieves di Pablo Berger
17. Hitchcock di Sacha Gervasi
18. Holy Motors di Leos Carax
19. Les Misérables di Tom Hooper
20. Monsters University di Dan Scanlon

Anche quest'anno due ritardatari: Confessions di Tetsuya Nakashima, Blue Valentine di Derek Cianfrance e ovviamente Kiki Consegne a Domicilio di Hayao Miyazaki.

Purtroppo non sono riuscito a vedere film come Gravity, La fine del mondo, Venere in pelliccia e Wolf Children - Ame e Yuki i bambini lupo che sicuramente meritavano un posto in classifica.

Premio portafortuna a film che forse usciranno l'anno prossimo:

film 

Only Lovers Left Alive di Jim Jarmusch
Frances Ha di Noah Baumbach
Ida di Pawel Pawlikowski
The Repairman di Paolo Mitton
Joven y alocada di Marialy Rivas
La Santa di Cosimo Alemà

domenica 30 dicembre 2012

Classificone parte 2

film

Son tornati i bei tempi dei film d'animazione da top ten.

1. Shame di Steve McQueen
2. Quella casa nel bosco di Drew Goddard
3. Ralph Spaccatutto di Rich Moore
4. Young Adult di Jason Reitman
5. Dark Shadows di Tim Burton
7. La guerra è dichiarata di Valérie Donzelli
8. Ribelle - The Brave di Mark Andrews, Brenda Chapman, Steve Purcell
9. ...e ora parliamo di Kevin di Lynne Ramsay

11. La talpa di Tomas Alfredson
12. The Avengers di Joss Whedon
13. Hugo Cabret di Martin Scorsese
14. E ora dove andiamo? di Nadine Labaki
15. Le 5 leggende di Peter Ramsey
16. Biancaneve di Tarsem Singh
17. Tutti i santi giorni di Paolo Virzì
18. Io e te di Bernardo Bertolucci
19. Cosmopolis di David Cronenberg
20. Pollo alle prugne di Vincent Paronnaud & Marjane Satrapi

Super ritardatari Hunger di Steve McQueen e Il castello nel cielo di Hayao Miyazaki.

Premio della giuria ai film che sarebbe anche il caso che uscissero in sala:

film 

Weekend di Andrew Haigh
En kongelig affære di Nikolaj Arcel
Blancanieves di Pablo Berger
No di Pablo Larraín
Shell di Scott Graham
A Liar's Autobiography: The Untrue Story of Monty Python's Graham Chapman di Bill Jones, Jeff Simpson & Ben Timlett

giovedì 13 settembre 2012

Trashetheus


Quest'anno è uscito nelle sale Quella casa nel bosco, un film che si prende gioco dei cliché dei film horror de-costruendoli per dar vita ad un prodotto intelligente ed originale che dà contro alla scarsa voglia dell'industria cinematografica di stimolare il pubblico, a cui spesso viene dato esattamente quello che si aspetta, senza nessuna sorpresa e seguendo i soliti rituali stantii.

A seguire questo rituale è Prometheus, l'atteso ritorno alla fantascienza da parte di Ridley Scott, un regista che ha segnato il genere con due film come Blade Runner e Alien: proprio questo film ripiegava in modo originale il concept della “casa nel bosco” in chiave fantascientifica. Originalità che manca proprio a questo prequel, che invece sembra seguire in maniera pedestre un manuale di cliché del cinema horror in modo da non scombussolare troppo le certezze degli spettatori americani.
La ricetta prevede una bionda bona e accessoria, in questo caso una mai tanto inutile Charlize Theron, e un inteligentone che sa le lingue, conosce la minaccia e sotto sotto un po' è invischiato con il nemico, qui un Michael Fassbender che scopiazza male il personaggio di Ian Holm del primo Alien. Poi servono i nerd stupidi, in questo caso due, caratterizzati talmente male che insieme costruiscono a mala pena un personaggio. E in fine i due eroi: quello che si sacrifica e la protagonista, la vergine, l'unica che può sopravvivere alla bestia.
Voilà il gioco è fatto, lascia morire in modo stupido un personaggio dopo l'altro e abbiamo ottenuto un innocuo horroretto da quattro soldi.
Ma Scott e i due sceneggiatori sciroccati non si sono accontentati, hanno voluto fare le cose in grande, aggiungere al calderone un sacco di personaggi inutili e senza personalità, che magari non hanno nemmeno battute, più l'immancabile nero saggio, che si sacrifica perché di buoni principi, il tutto condito con stronzate new age e una trama inutilmente finta complicata e serializzata per poter piacere il più possibile ai fan di Lost (il film inizia ponendo delle domande che vengono totalmente rimandate ad un secondo o terzo episodio).
Il risultato è talmente ambizioso da risultare fastidioso, noioso e poco appassionante. È difficile provare un minimo di empatia per dei personaggi che nel migliore dei casi sono tagliati con l'accetta, è impossibile non ridere di fronte ai grossolani errori di casting (a cosa serve avere nel cast Guy Pearce se tanto tutto il tempo è truccato (male) da vecchio? Prendere davvero un attore anziano sarebbe stato troppo difficile?), è troppo chiedere allo spettatore di prendere sul serio una trama così pretestuosa e fintamente complicata quasi a voler coprire la troppo evidente formuletta della “casa nel bosco”.

Ho volutamente tralasciato le idiote scelte narrativo-scientifiche (quale normale essere vivente dopo aver visto un alieno serpentiforme invece di scappare gli si avvicinerebbe con la faccia e cercherebbe di toccarlo? Quando mai le tute per gli astronauti sono senza copertura sulle mani?) perché sarebbe davvero troppo sparare sulla croce rossa, così come per i metaforoni religiosi che sono da sbellicarsi e non voglio rovinare la sorpresa a nessuno (dico solo natale, crocifisso, sacrificio e gravidanza indesiderata).
Se ogni capitolo della saga di Alien portava la storia su un nuovo piano narrativo (horror il primo, azione il secondo, thriller il terzo, fumettone il quarto), questo prequel invece vorrebbe riprendere il modello del primo film e rielaborarlo in modo più ambizioso e totalizzante, risultando però solo esteticamente bello grazie alla fotografia di Dariusz Wolski (La maledizione della prima lunaSweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street) e il design di H.R. Giger, ma irrimediabilmente inutile e involontariamente ridicolo.

venerdì 10 febbraio 2012

Millennium: Uomini che odiano i sottotitoli


Quando ho visto la versione svedese di Uomini che odiano le donne, ho rivisto tanto thriller americano anni novanta, in particolare il Fincher di Seven e quando fu annunciato un remake diretto proprio da quest’ultimo ho subito pensato fosse la scelta perfetta, che il cerchio si chiudeva.
Sbagliavo però, il Fincher di quei tempi non c’è più, quella combinazione di sporco e glamour, i riferimenti all’estetica gorn e bondage, non fanno più parte del suo bagaglio estetico.
Quel Fincher dal materiale di partenza avrebbe tirato fuori un capolavoro, il regista di oggi ha fatto solo un thriller poco superiore alla media americana.
La sceneggiatura di Steven Zaillian appiattisce il più possibile il già semplice materiale di partenza rendendo ogni dettaglio investigativo a prova di americano stupido, tagliando personaggi e background vari per snellire a più non posso la storia e invece riprendendo dettagli per lo più inutili dal libro per dare comunque una certa piega buonista (la figlia che aiuta a risolvere il caso grazie alla sua conversione cattolica).
Tutto più leggero, la violenza è ridotta, il passato di Lisbeth Salander alleggerito (e giusto accennato in qualche battuta del finale), così come il suo look: tutti la guardano come se fosse un mostro quando in realtà è una ragazza bellissima con un paio di piercing e un abbigliamento un po’ alternativo.
Fincher non si rivela più capace di ritrarre il marcio e si limita a girare il film in modo raffinato e tecnicamente impeccabile senza però i guizzi di The Social Network.
Dai 13 milioni del film svedese ai 90 dell’americano, come l’aumento del budget, tutto diventa più grande e lussuoso: le impeccabili case svedesi che sembrano uscite da una rivista di arredamento, i costumi fighetti, quasi un H&M più raffinato, e la bellissima fotografia gelida che ritrae tutti in modo pulito e asettico. Tutto è più fighetto anche da un punto di vista di sfacciato product placement con immancabili supporti Apple così di tendenza ma al contempo inguardabili in mano ad un personaggio che dovrebbe essere un serio hacker e non un grafico hipster.
Gli elementi più interessanti arrivano dalla colonna sonora: se nel caso di The Social Network trovavo il lavoro di Reznor e Ross era inutilmente invasivo e forzatamente cupo, questa volta invece le sonorità gelide del duo arredano alla perfezione il film, dando un grande fascino ad intere sequenze che altrimenti sarebbero risultate asettiche.
Curiosa la decisione di lasciare le vicende in Svezia, un po’ come dire “quelle cose brutte non succedono mica in America”, quando invece il passaggio agli stati uniti forse avrebbe giovato (vista la loro “cultura” di serial killer), così come sarebbe uscito quasi naturale un parallelo tra Julian Assange e il protagonista Mikael Blomkvist ma niente. Non c’è un minimo di innovazione rispetto all’originale, né un tentativo di autorialità da parte di Fincher, solo semplificare e riproporre in una lingua diversa lo stesso prodotto.
Visto il risultato è comunque da apprezzare la decisione di non mettere attori troppo famosi a corredare il cast, fatta eccezione per Craig e Plummer, ed utilizzare per lo più attori anonimi e volti poco conosciuti, compresa la buona ma non eccezionale Rooney Mara che dimostra che la potenza del personaggio potrebbe lanciare un po’ qualunque attrice.

giovedì 29 dicembre 2011

2011 cinematografico

film

Lo so, manca questo e manca quest'altro. Lo so, quello andava lì e quello era meglio là. Quest'anno ho faticato più del solito a trovare una giusta collocazione, tanti film buoni e pochi picchi sia in negativo che in positivo. Per cui prendete il tutto in modo più intercambiabile del solito.

1. Habemus Papam di Nanni Moretti
2. The Tree of Life di Terrence Malick
3. Drive di Nicolas Winding Refn
4. L'amore che resta di Gus Van Sant
5. Un gelido inverno di Debra Granik
6. 127 ore di Danny Boyle
7. Pina 3D di Wim Wenders
8. Carnage di Roman Polanski
9. Sucker Punch di Zack Snyder
10. Corpo celeste di Alice Rohrwacher

11. Midnight in Paris di Woody Allen
12. L'ultimo terrestre di Gipi
13. Non lasciarmi di Mark Romanek
14. Lo stravagante mondo di Greenberg di Noah Baumbach
15. Easy Girl di Will Gluck
16. Hanna di Joe Wright
17. This Must Be the Place di Paolo Sorrentino
18. Angele et Tony di Alix Delaport
19. Melancholia di Lars von Trier
20. Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento di Hiromasa Yonebayashi

Piccolo caso a parte degno di menzione Boris - il film di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre & Luca Vendruscolo.

Piccola parentesi per film che non escono/sono usciti in dvd/usciranno forse tra tre anni d'estate in cinque sale. L'anno scorso erano tre, quest'anno cinque, aumentano progressivamente e non è un buon segno.
film

Submarine di Richard Ayoade
Gainsbourg (Vie héroïque) di Joann Sfar
Attack the Block di Joe Cornish
Beginners di Mike Mills
Les contes de la nuit di Michel Ocelot

giovedì 30 dicembre 2010

Classificone cinemoso 2010

film


Consueto classificone cinematografico annuale. A parte le prime posizione l'ordine degli altri film è facilmente invertibile.

1. Scott Pilgrim vs. the World di Edgar Wright
2. L'Illusionista di Sylvain Chomet
3. L'esplosivo piano di Bazil di Jean-Pierre Jeunet
4. La prima cosa bella di Paolo Virzì
5. Dragon Trainer di Chris Sanders & Dean Deblois
6. Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson
7. L'uomo nell'ombra di Roman Polanski
8. A Single Man di Tom Ford
9. Il profeta di Jacques Audiard
10. Porco Rosso di Hayao Miyazaki

11. Cattivissimo me di Pierre Coffin, Chris Renaud & Sergio Pablos
12. Fratellanza - Brotherhood di Nicolo Donato
13. The Social Network di David Fincher
14. Inception di Christopher Nolan
15. Somewhere di Sofia Coppola
16. Bright Star di Jane Campion
17. Urlo di Rob Epstein & Jeffrey Friedman
18. Potiche - La bella statuina di François Ozon
19. Soul Kitchen di Fatih Akin
20. Lourdes di Jessica Hausner

E giusto una nota di merito per Shadow - L'ombra di Federico Zampaglione.

Bonus, film che sarebbe il caso uscissero in Italia.

film


Kynodontas di Giorgos Lanthimos
Les amours imaginaires di Xavier Dolan
Whip It di Drew Barrymore

mercoledì 15 dicembre 2010

Giorno 9

Henry: L’unico film italiano in concorso poteva tranquillamente starsene a casa sua. È semplicemente un film imbarazzante. È difficile capire quale fosse l’obiettivo di base; una sorta di Romanzo Criminale moderno? Una critica alle fiction italiane? In entrambi casi il risultato è fallito.
La sceneggiatura ha dei buchi grandi come il Gran Canyon, i siparietti comici non fanno ridere mentre il ridicolo involontario la fa da padrone. Certe battute di raro imbarazzo, per lo più uscite da bocca del personaggio interpretato da Paolo Sassanelli come quella sul Maresciallo Rocca, perché non puoi permetterti di fare battute sulla fiction italiana quando poi il tuo film è allo stesso livello di quelle produzioni.
La solitamente brava Carolina Crescentini viene rilegata ad un ruolo improbabile, come il suo partner Riondino che ad un certo punto sparisce senza lasciar traccia, probabilmente fagocitato da uno dei buchi di sceneggiatura.
Qui si partiva con l’intento di fare un cult ma il risultato finale è una moscia puntata di qualche fiction televisiva poliziesca di bassa qualità.

Super: Cosa non funzionava in Kick Ass? Il tentativo di inserire super eroi in un mondo realistico, rendendosi poi conto dell’impossibilità della cosa solo a film avviato. Super parte da presupposti simili ma inserisce la storia in un mondo decisamente irreale già in partenza lasciando a livello di realismo solo gli effetti della violenza. Il risultato è una versione più riuscita e completa di quello che è stato, il pur buono, Kick-Ass.
L’inizio è folgorante con la fantastica sequenza dei titoli in animazione. Il telefilm cristiano all’interno dl film è straordinariamente geniale e il personaggio di Ellen Page è di una follia sublime che trova il suo apice nella sequenza sulle note di Let Your Body Decide dei The Ark.

Bus Palladium: Avete presente i film italiani un po’ adolescenziali ma che puntano ad una qualità medio-alta e non sui classici film a la moccia? Beh, questo film potrebbe accostarsi a quella categoria solo che è francese. Solita storiella rise and fall di un gruppo musicale formato da giovani, bellissimi, che trovano facilmente un etichetta ma hanno problemi all’interno del gruppo per colpa di una ragazza bellissima pure lei (ci tengo a sottolineare bellissimi e non ci si risparmia di certo in patinate inquadrature di pettorali maschili e femminili). Si può dire che sia girato e interpretato in maniera sufficiente ma non offre nulla di rilevante. Buona la prova del canadese Marc-André Grondin già molto apprezzato qualche anno fa in C.R.A.Z.Y.

Neds: Film che si porta dietro tutti gli elementi tipici di certo cinema inglese ambientato negli anni ’70, come il padre alcolizzato, il fratello delinquente, una società che influenza i singoli individui però aggiunge trovate a svolte a tratti inquietanti e un po’ visionarie. La storyline prende pieghe più cupe e inquietanti del previsto fino ad una svolta, anch’essa a tratti visionaria, di quasi redenzione.

Por tu culpa: Il film vincitore come miglior attrice sembra più che altro una grande introduzione ad un film che però non parte. Sicuramente la protagonista da un buona prova, e non dev’esser stato facile far recitare dei bambini così piccoli. Il film però da la sensazione di essere quasi un prequel, una lunga premessa ad una storia che finisce per non svilupparsi mai.

martedì 14 dicembre 2010

Giorno 8

LiTTLEROCK: Più che un film un ritratto dei giorni trascorsi da una ragazza giapponese negli stati uniti in compagnia del fratello. Il film si sviluppa su due storyline; una principale che viene messa in pausa per far posto alla seconda che occupa tutta la parte centrale del film. Il risultato è che nessuna delle due storie è realmente coinvolgente fino in fondo e nemmeno completamente compiuta. Il film ha comunque dei bei momenti, soprattutto fotografici ma nel complesso risulta appena sufficiente.

Mr. Nice: Inizia come un biopic frizzante e ritmato, con Rhys Ifans al suo meglio nei panni del trafficante di droga Howard Marks. Sfortunatamente dopo un esordio fantastico il film comincia a perdere colpi, fino ad arrivare ad una parte finale incredibilmente lunga e verbosa difficile da digerire e che non presenta molte novità e sa troppo di già visto.

Wasted on the Young: Introducendo il proprio film in regista ha detto che vuole che il pubblico odi o ami il suo lavoro senza mezze misure, io lo accontento volentieri inserendomi nella prima categoria.
Ricchi e viziati australiani che vanno in una scuola privata e passano il tempo a bere, drogarsi e fare feste, stuprando giovinette e facendo i bulli con i compagni di scuola più deboli, finche questi ultimi sani e virtuosi non decidono di dar loro, a loro modo, una lezione. Io non sopporto divisioni così manichee; bevi, ti droghi uguale cattivo, non sopporto personaggi così netti e unilaterali. Trovo che sia estremamente fastidioso banalizzare gli adolescenti in modi simili facendoli diventare piatti stereotipi che fanno gola ai telegiornali in cerca dello scandalo facile. Oltre a questo lo svolgimento della storia va avanti in modo incredibilmente irritante e fastidioso, con divisioni sempre più nette e marcate che rendono il tutto sempre più inguardabile. Il cast di attori giovani oltre che esser formato da ragazzi e ragazze decisamente troppo belli per i canoni estetici di qualunque nazione va fastidiosamente alla ricerca di fisionomie simili a facce conosciute della tv americana come la coppia di protagonisti che sembrano le versioni ringiovanite di Penn Badgley e Michelle Williams.
Il regista dimostra di saperci fare tecnicamente curando molto il film dal punto di vista visivo e inserisce scelte molto interessanti come le fantasie dei protagonisti con l’effetto “divx che si vede male”.
Il film non ha coraggio, risulta fastidioso e irritante e un paio di scelte visive intelligenti non possono salvarlo dall’essere il cugino sfigato e dark di qualche telefilm americano alla Gossip Girl.

Burlesque: Sorpresa sorpresa, Burlesque non fa schifo ma anzi è un film medio d’intrattenimento che fa bene il suo lavoro. La storia non è di certo originale, non è che un mix tra Le ragazze del Coyote Ugly e Chicago con una prevalenza del primo sul secondo (certe scelte narrative sono pari pari come il furto a casa dalla protagonista per fare un esempio, ma le situazioni simili sono comunque tante). Cosa salva il film? Senza dubbio l’ottimo cast, non l’Aguilera che comunque non è proprio pessima, ma Cher, Alan Cumming, Kristen Bell, Stanley Tucci e il cameo di Dianna Agron, e soprattutto le canzoni e i numeri musicali. Ovviamente questi ultimi con il Burlesque hanno poco e niente a che fare, tolto il numero di Alan Cumming che è una sorta di versione aggiornata di Two Ladies da Cabaret, ma son comunque buoni e non semplici videoclip inseriti nel film in modo un po’ random. Sicuramente un paio di canzoni son messe dentro giusto da contratto, la seconda canzone di Cher ad esempio è quasi inserita a forza giusto per dare un altro pezzo alla cantante.

lunedì 13 dicembre 2010

Giorno 7

Homme au bain: Di solito mi piace il cinema di Honoré (in particolare Les chansons d'amour), mentre questo suo ultimo lavoro non mi convince del tutto e da l’idea di essere quasi incompiuto. Dopo un introduzione che definisce in pochi passaggi, soprattutto visivi, i personaggi (dal mezzo stupro alle varie foto hot in giro per la casa) il film si divide come si dividono le vite dei due protagonisti. La parte con Omar Ben Sellem ricorda molto le atmosfere dei precedenti film del regista con un buon lavoro di combinazione di musica e immagini, la storia da questa parte segue Chiara Mastroianni che interpreta praticamente se stessa in giro per gli Stati Uniti. L’altra parte del film si modella sul pornodivo François Sagat, lavorando sulla sua immagine, sul suo corpo mostrato, trattato da una parte come un’illustrazione di Tom of Finland finendo col risultare un personaggio kitsch come diceil professore inglese del film. Questa parte per quanto visivamente al servizio dell’attore, quest’ultimo non dimostra però una profondità espressiva sufficiente per giustificare le azioni del suo personaggio e certi suoi atteggiamenti quasi alla Lost in Translation.

Small Town Murder Songs: Il film ha delle ottime trovate registiche, come l’idea di introdurre le varie parti del film con passi della bibbia, è molto ben interpretato e definisce bene l’atmosfera dei claustrofobiaca della piccola cittadina in cui si svolgono le vicende. Tutto abbastanza buono se non fosse per la mancanza di ritmo e coinvolgimento e di un finale degno di nota. Le vicende infatti si concludono con troppa facilità senza dare un vero e proprio finale che resti impresso.

Napoli 24: Il problema di partenza dev’essere mio, chissà perché mi aspettavo una sorta di Paris, je t'aime in versione napoletana. Il film raccoglie 24 cortometraggi per lo più di registi esordienti e che sfortunatamente per la maggior parte puntano su medium documentaristico con il risultato però di corti che sembrano tanto filmini dei matrimoni e nei casi migliori servizi di telegiornale. Andando un po’ a memoria i corti che avevo apprezzato di più sono quelli di Nicolangelo Gelormini, Paolo Sorrentino e uno in bianco e nero su un tram di cui non riesco a recuperare il nome del regista.

Four Lions: L’idea è sicuramente geniale, fare una commedia sul terrorismo islamico prometteva grandi cose. Il film ha infatti un ottima sceneggiatura, certe situazioni e battute geniali e coraggiose (il corvo kamikaze è da premio). Il cast perfettamente all’altezza della situazione che sprizza una sana demenzialità geniale.
Insomma un buon prodotto con momenti con ottimi momenti di genialità.

Vampires: Mokumentary belga su una famiglia di vampiri che viva tranquillamente tra gli umani. Buona l’idea di portare i vampiri vecchio stile in Belgio e farli vivere accettati dallo stato (tanto che gli offrono volentieri gli immigrati da far “sparire”). La costruzione dei personaggi e delle regole dei vampiro sono buone e reggono bene (tranne il gioco Luna, eccessivamente trash anche per questo tipo di film), ci sono anche un paio di passaggi che di una certo gusto quasi poetico, come la vampira che “guarisce” in Canada. Il finale forse di appesantisce un po’ ma ciò nonostante resta un buon lavoro omogeneo e divertente.

domenica 12 dicembre 2010

Giorno 6

Cyrus: Commedia americana col giusto livello di cattiveria il cui pregio maggiore sta nelle interpretazioni dei 4 attori protagonisti. Mentre la prima parte del film potrà sembrare un po’ fredda e non troppo brillante da metà in avanti ingrana e passa all’attacco con trovate divertenti e intelligenti e dialoghi ottimi. Si poteva fare di più, soprattutto nella prima parte ma resta comunque un prodotto di buon livello.

Les hommes debout: Raccontare i cambiamenti di un paese tramite la storia di una fabbrica è un idea interessante, il risultato però sfortunatamente non è all’altezza. Il buon uso di di materiale di repertorio combinato a immagini girate a posta per il film è un elemento che ricordava il trionfatore dell’anno scorso del festival, La bocca del lupo, ma la storia di quel film era realmente coinvolgente mentre questa resta fredda e fa pesare i suoi soli 75 minuti di durata.

The Bang Bang Club: In poche parole, questo film è orribile. Ci si può anche andare a rifugiare dietro alla malefica definizione di “storia vera”, la storia sarà anche vera ma sullo schermo è semplicemente inverosimile e irritante. Partendo da un cast di modelli con paralisi facciale, a avvenimenti che accadono solo per esigenze di copione senza reali giustificazioni a livello narrativo. Il film ha una struttura tipica dei biopic Rise and Fall, con tanto di uno di droghe random che vanno inserite per forza all’interno di questo tipo di film, il big fail però sta nell’inserire la marijuana come droga di turno ma mettere come effetti quelli di droghe pesanti come l’eroina. Si può chiudere un occhio alla mancanza di schieramento da parte del regista alle vicende politiche che accadono nel film, perché dopotutto servono solo come sfondo ma non si può chiudere un occhio alle lacune in materia fotografica da parte del regista su un film che parla di fotografi.

sabato 11 dicembre 2010

Giorno 5

Maska: il nuovo lavoro dei fratelli Quay basato su un racconto di Stanisław Lem si porta dietro tutto il fascino dei precedenti lavori del duo aggiungendo una nuova attenzione straordinaria per l’apparato luminoso e aggiungendo una narratività insolita per i due registi.
Il racconto che in altre mani poteva diventare un normale film di fantascienza qui diventa un affascinante incubo medievaleggiante con trovate assolutamente visionarie.

Divers in the Rain: cortometraggio d’animazione di un duo di registi russi che racconta una storia d’amore tra due personaggi che non si riescono quasi mai ad incontrare. Scelte visive interessantissime e richiami surrealisti interessanti, il corto (25 minuti) però patisce un po’ per la sua lunghezza che lo fa spesso cadere in ripetitività non particolarmente apprezzabili.

Portrait of the Fighter as a Young Man: Lungometraggio romeno in concorso. Il film patisce della sua interminabile lunghezza, la storia viene raccontata soprattutto dalle lunghe e numerose didascalie piuttosto che dalle immagini. Le vicende mostrate risultano ripetitive e troppo simili tra loro e non giustificano per niente le due ore abbondanti della durata. Un lavoro decisamente poco riuscito narrativamente e che non presenta scelte di interessa dal punto di viste della regia.

The Myth of the American Sleepover: Trovo che questo sia un film interessante per molti aspetti. Si crea un atmosfera molto buona e affascinante e i personaggi sono scritti molto bene ma a scarseggiare è una storia degna di nota. Nonostante la durata ridotta il film fa sentire completamente il suo girare a vuoto. L’idea di rendere un rito di passaggio tipico della cultura americana come punto centrale dello sviluppo di personaggi e storie che si intrecciano tra loro finisce col l’essere uno spunto interessante ma non curato abbastanza e comunque non particolarmente capace di coinvolgere lo spettatore come dovrebbe invece fare un prodotto del genere.

Vanishing on 7th Street: Un horror decisamende disastroso. Si parte da una trama che prende a piene mani dal videogioco Alan Wake ma dalla base interessante non riesce a tirare fuori nulla di buono. I personaggi sono tagliati con l’accetta e recitati decisamente male. La cosa più fastidiosa di tutto il film però sono le frasi e metafore religiose sparse qua e là che rendono il prodotto un polpettone indigeribile con tanto di finale dentro una chiesa e mele rosse rovesciate per terra. Ma anche a voler far finta di nulla su tutto ciò il film comunque è completamente privo di ritmo e tensione con una storia più simile ad un pilot di una serie tv che di un film che magari potrebbe funzionare sulla lunga percorrenza, andando a ripescare certi elementi di Lost, ma che in 90 minuti fallisce in quasi tutti i campi.

Last Chestnuts: Film giapponese di un regista cinese, secondo quest’ultimo questo dovrebbe essere un dettaglio importante per capire certi aspetti del film. Probabilmente la mia scarsa conoscenza dell’attuale situazione tra Cina e Giappone non mi ha fatto notare questi dettagli fondamentali.
Il film non mi ha dato granché, non direi che sia brutto ma non mi ha smosso molto. Ha una storia molto semplice e girata in modo non particolarmente interessante, un lavoro che al di fuori di un festival non potrebbe sopravvivere.

giovedì 9 dicembre 2010

Giorno 4

White Irish Drinkers: Il mio terzo film in concorso. Un lavoro molto britannico per essere americano. Nonostante tutta la storia sembri finalizzata a trasmettere una sorta di morale quest’ultima non risulta pesante e non sembra comunque soffocare il lato narrativo del film e che non diventa mai troppo scontato (soprattutto sul finale). I personaggi ben costruiti soprattutto il protagonista ci fanno affezionare alla storia rendendoci più partecipi al tutto.

The Legend of Beaver Dam: Io personalmente penso che l’accoppiata horror/musical sia geniale. E questo cortometraggio ne è un ulteriore prova. La classica storiella horror con i bambini nel bosco minacciati dal mostro di turno si trasforma in un musical esilarante con trovate geniali degne di Edgar Wright. C’è da sperare di vedere questo regista alle prese con un lungometraggio il prima possibile.

John Carpenter's The Ward: Il problema di questo film è che sembra vecchio di 20 anni. Non riesce a fare a meno di tutti i clichè del cinema horror degli anni ’90 e finisce col risultare scontato nelle atmosfere e anche nella parte narrativa da metà in avanti. I balzi dalla sedia sono veicolati dalle musiche sparate e dalle solite immagini che appaiono all’improvviso. Le solite belle fighe che cadono una dopo l’altra sotto ai colpi di una creatura soprannaturale e il colpo di scena facilmente intuibile non coinvolgono e lasciano spesso annoiati.

Jack Goes Boating: l’opera prima di Philip Seymour Hoffman come regista è basata su un opera teatrale e forse per questo dal il suo meglio nei dialoghi brillanti e sorprendenti. Il film si rivela interessante anche da un punto di vista stilistico con una pulizia nella messa in scena. L’interpretazione di Philip Seymour Hoffman è ottima e riesce a defininire alla perfezione il suo personaggio.
In alcuni punti però il film patisce un po’ troppo la sua origine teatrale risultando un po’ troppo statico nonostante il buon lavoro di regia per dinamicizzare alcune scene.

mercoledì 8 dicembre 2010

Giorno 3

Kaboom: un esilarante follia multicolore che sembra un buon parto di uno sceneggiatore sotto effetto di allucinogeni. Un continuo di situazioni sempre più paradossali ed esilaranti. Un film destinato a diventare un cult. Scene assolutamente geniali come quella della strega e l’acqua o il finale in macchina.

This Movie Is Broken: abbiamo la commedia indie-pucci del festival dell’anno (l’anno scorso l’ambito premio(?) era di Breaking Upwards). Più che un film è un mega videoclip per i Broken Social Scene. L’idea molto carina di alternare al live della band in Toronto ad una storia d’amore che gira appunto attorno al concerto. Storia d’amore che prende delle pieghe piuttosto insolite però per questo genere di film. Il risultato è piacevole, soprattutto se si conoscono le canzoni della band.

Soulboy: Il mio secondo film in concorso, una commedia coming of age, il protagonista è quasi un cugino inglese del John Travolta de La febbre del sabato sera. Il film si lascia guardare e strappa vari sorrisi, nel complesso però ci sono problemi di sceneggiatura, tutto si evolve in maniera troppo semplice. Il protagonista impara a ballare facilmente usando come unica scusa che da piccolo faceva pattinaggio di figura e vengono tirati in ballo elementi troppo facili per questo genere di film e con troppa leggerezza come la droga.

martedì 30 novembre 2010

Giorno 2

Contre toi: L'opera prima di Lola Doillon è un film ben girato che però trova degli enormi problemi nella sua sceneggiatura e dal lato puramente narrativo. La regista racconta una storia piuttosto banale di sindrome di Stoccolma e lo fa in modo scontato e poco empativo. Già a metà film riesci ad immaginare come andrà a finire. I personaggi si incartano nei loro limiti e sembrano non avere un background abbastanza definito e finiscono per comportarsi in modo inspiegabile. Kristin Scott Thomas riesce a destreggiare bene il suo personaggio, non si può dire lo stesso di Pio Marmaï che dimostra spesso i suoi limiti recitativi.

Infedele per caso: Commedia inglese in concorso, uno dei pochi esempi di ironia sulla religione islamica, e non solo. Tutta la prima parte del film risulta un buon mix di dissacrante e surreale. Purtroppo nel finale perde un po’ di brillantezza puntando più su un umorismo semplice, risultando comunque un buon film.

Tournée: Il mondo del New Burlesque da dietro le quinte. Visto il premio di Cannes per la regia quasi mi aspettavo un continuo di virtuosismi. Invece Amalric si mantiene molto sobrio, usa spesso campi fissi per inquadrare le esibizioni delle protagoniste (vere artiste del Neo Burlesque) spesso da angolature dietro le quinte. Affascinante il personaggio di Joachim, interpretato magistralmente e ottime le performance delle neo attrici e attori.

127 Hours: Boyle non è un regista particolarmente amato in giro ma ha la fortuna di riuscire a tirare fuori un gran bel film coi controcazzi ogni tot di film medi. Ed è questo il caso, da una storia sulla carta infilmabile, Boyle è riuscito a tirare fuori un ottimo film, soprattutto tecnicamente affascinante grazie a delle trovate visive che ricordano in un certo senso Requiem For a Dream. La performance di James Franco è memorabile, soprattutto nella sequenza dello “show televisivo”.

domenica 28 novembre 2010

Torino Film Festival 2010

In diretta dal festival italiano con un pubblico formato dal 90% da accrediti, 9% pubblico col biglietto e 1% di abbonati fessi come il sottoscritto che non riescono a trovare nessuno che gli procuri un accredito.

Suck: Un filmino un po’ inutile in fin dei conti. Si parte dalla premessa di fare un film che parodiasse le tendenze recenti di fare film con vampiri ovunque e qui abbiamo una band che man mano che viene vampirizata diviene sempre più figa. Come dice un personaggio nel film “i vampiri sono fighi”. Per quanto sia lodevole il tentativo di fare dell’ironia su la fissa collettiva di turno senza andare a tirare fuori una triste parodia di tuailait (Vampire Suck), il risultato in questo caso non è particolarmente eccelso.Ci sono dei momenti di piacevole demenzialità, scene divertenti e cammei molto belli (soprattutto quello di Moby) il film comunque non spicca e risulta a tratti ripetitivo e un po’ troppo lungo per le sue potenzialità (nonostante sia di 90 minuti scarsi).Oltre alla demenzialità un altro fattore positivo è il flashback costruito utilizzando spezzoni di un vecchio film con Malcolm McDowell da giovane.

Animal Town: Questa si chiama robaccia noiosa. Sembra quasi la parodia di quello che in occidente viene concepito come film asiatico. Tiritere di nulla ripetitivo. Tentativo di rendere profondo il tutto con un finale fatalistico. Un nudo integrale e una scena di violenza completamente inutili che vanno perfettamente ad adattarsi all’inutilità complessiva del film.

mercoledì 30 dicembre 2009

Classificone

film


I miei film dell'anno in ordine di gradimento, non troppo rigoroso però.

1. Lasciami entrare di Tomas Alfredson
2. Nel paese delle creature selvagge di Spike Jonze
3. Ponyo sulla scogliera di Hayao Miyazaki
4. I Love Radio Rock di Richard Curtis
5. Coraline e la porta magica di Henry Selick
6. Milk di Gus Van Sant
7. Revolutionary Road di Sam Mendes
8. The Wrestler di Darren Aronofsky
9. Moon di Duncan Jones
10. 500 giorni insieme di Marc Webb

11. District 9 di Neill Blomkamp
12. Il mio vicino Totoro di Hayao Miyazaki
13. Segreti di famiglia di Francis Ford Coppola
14. Vincere di Marco Bellocchio
15. La doppia ora di Giuseppe Capotondi
16. Up di Pete Docter & Bob Peterson
17. Basta che funzioni di Woody Allen
18. The Reader - A voce alta di Stephen Daldry
19. Dieci inverni di Valerio Mieli
20. L'onda di Dennis Gansel

Se mi son perso qualcosa di importate fatemelo pure notare.

sabato 28 novembre 2009

TFF 2009 con sommo ritardo

Con enorme ritardo il mio resononto del Torino Film Festival 2009:
Adás - Transmission: Il film nella partenza è interessante, raccontare una società in cui l’elettricità sembra essere “svanita” e di conseguenza i congegni elettronici cessano di funzionare e le trasmissioni televisive sono estinte. Quanto di buono ha da offrire però viene soffocato dalla lentezza estenuante e da un totale disinteresse da parte del regista nel renderci partecipi del dramma dei protagonisti. Bellissima fotografia (Gergely Pohárnok è un direttore della fotografia già apprezzato in Taxidermia e La partita lenta ed è da tenere d’occhio per il futuro) e colonna sonora, ormai credo che i film ungheresi abbiano tali caratteristiche di Defaul.

Chi l'ha visto: Un ragazzo gay tedesco, dopo aver ricevuto dalla madre una foto del padre che l’ha abbandonato quando era piccolo, decide di partire alla volta dell’Italia per cercare il genitore scomparso. Girato con pochi soldi e basato sulla storia “parzialmente” vera dello stesso attore/protagonista il film comincia bene come un viaggio on the road. Purtroppo però finisce ben presto per incepparsi e comincia a girare a vuoto senza più sapere dove andare a parare. Si riprende giusto nel finale, in un “mimato” episodio di Chi l’ha visto? Con lo specchio di un albergo a sostituire lo schermo televisivo.

Crackie: come lo scorso anno anche in questa edizione c’è un film indie triste con un cane in mezzo. Buon ritratto di due donne, una nonna e una nipote, che impareranno con fatica a rendersi conti dei reciproci bisogni. Un lavoro che colpisce soprattutto a livello emotivo e che lascia combattuti. Il tocco femminine della regista si sente decisamente e aiuta a rendere le due protagonista ancora più complete. Giusto da segnalare che fortunatamente il finale non si lascia andare ad un classico buonismo pro-life, ma che da un sensato dubbio sulla decisione finale della protagonista.

La Nana: Una commedia sulla solitudine e sulla paura di essere messi da parte e le conseguenze “estreme” che questa fobie possono provocare. Un film agrodolce e originale. Forse il migliore tra quelli in concorso che ho visto.

La bocca del lupo: Spacciato per un film di finzione ma in realtà un documentario vero e proprio. Il vincitore del festival di quest’anno non convince molto nella prima parte, tolta la bella fotografia infatti ci risulta un po’ troppo difficile affezionarsi a dei personaggi che non vediamo e di cui non sappiamo nulla tranne alcuni dialoghi estrapolati. Nella seconda parte cambia tutto, ci appassioniamo alle vicende dei due protagonisti che ci raccontano in una sorta di intervista la difficile nascita in carcere della loro storia d’amore, lui per aver sparato a 3 poliziotti e lei trans arrestata per problemi legati alla droga, e del loro ritorno alla libertà insieme. Si resta un po’ incantati dalla particolare “dolcezza” della storia che riabilita la prima non convincente parte del film.

Breaking Upwards: Commedia indie americana ambientata a New York con ben 3 attrici di Bored to Death! Io per queste cose non sono molto attendibile, mi faccio sempre fregare da quelle famiglie sgangherate, dalla fotografia iper colorata, i dialoghi frizzanti e da quelle colonne sonore… indie! Ma soprattutto dai personaggi tremendamente pucci. Una storia d’amore che pur rispettando i canoni dei film indie riesce comunque a sorprendere, divertire (il dialogo sui social network durante il rapporto sessuale) e ad emozionare.

Fantastic Mr. Fox - Una volpe troppo furba: un film di Anderson in tutto e per tutto, potrebbe tranquillamente essere una versione zoomorfa della famiglia Tenenbaums o Whitman (tra l’altro c’è il continuo riferimento al treno, magari lo stesso su cui viaggiano i tre fratelli). Il mondo creato da Wes è tipicamente suo, con il suo solito pattern di colori caldi e autunnali e col suo look vintage. I dialoghi sempre genuinamente brillanti e a tratti malinconici.

Made in Hungaria: insieme a Mr. Fox, il miglior film del festival. Un musical ungherese ambientato negli anni ’60 quando il comunismo non aveva ancora preso il totale controllo della nazione.
Coloratissimo e gestito ottimamente, fino a qualche giorno fa non avrei mai pensato di potermi mettere a canticchiare canzoni ungheresi. Il film è trascinante nelle sue canzoni e nelle sue coreografie. Dialoghi ottimi e sempre segnati da un umorismo mai banale. Si resta affascinati dal mondo creato dal regista, dalla sua ricostruzione mai nostalgica di una coloratissima Ungheria surreale.
Se vi è piaciuto l’inglese I love radio rock, questo film potrebbe fare per voi.

Nowhere Boy: Carino è carino. Un buon impegno da parte della regista c’è, ma complessivamente ha un po’ deluso le mie aspettative.
Risulta facile paragonarlo con Control, il film di Corbijn su Ian Curtis e i Joy Division perchè alla fine di punti in comune ne hanno parecchi; entrambe opere prime, entrambi scritti da Matt Greenhalgh ed entrambi prendono in considerazione la vita di due frontman di due dei gruppi più importanti della storia della musica inglese concentrandosi soprattutto sulle loro origini prima di diventare ciò che noi conosciamo.
Control però è un film completo che rappresenta bene lo spirito dei Joy Division da una parte e riesce a portarsi dietro il bagaglio estetico di Corbijn, e soprattutto è un film che mantiene le promesse e consegna agli spettatori quello che ci si aspettavano su Ian Curtis. Nowhere Boy invece è prima di tutto una storia familiare in cui Lennon e il suo gruppo (i suoi vari gruppi tranne i Beatles) sono più un pretesto. Al posto del leader dei Beatles poteva esserci un qualunque ragazzino scapestrato e il racconto sarebbe stato comunque funzionante.
La regista lavora molto sui colori e sulla fotografia del film fruttando molto l’estetica di Joe Wright, tanto da metterlo nei ringraziamenti nei titoli di coda.
Molto ben definiti i due personaggi principali femminili e interessante il modo di definire le due donne con due colori (rosso per la madre di Lennon e nero per la zia) che pian piano si omogeneizzano.
Insomma un buon film drammatico, un pessimo film biografico.

Tetro - Segreti di famiglia: un film densissimo e caldo. Il nuovo lungometraggio del periodo “indipendente” di coppola come il precedente Un'altra giovinezza, soffre dei problemi che di solito affliggono i film di autori esordienti, tanta voglia di raccontare e tante cose da dire. Tetro è comunque un film che sbaglia si, ma lo fa per eccessiva passione e non per troppe ambizioni che avrebbero portato il lungometraggio a una comicità involontaria.
L’eccesso di tematiche affrontate esplode nel finale, dove la visionarietà la fa da padrone sulla narrativa.
Travolgente e denso, Tetro si fa amare anche con i suoi difetti e con le sue imprecisioni.

The Loved Ones: questo film mi lascia dubbioso, se da una parte abbiamo un ottimo umorismo e una buona dose di sano splatter dall’altra c’è una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti. Continuo uso di deus ex machina, personaggi buttati lì senza nessuna logica precisa e senza essere poi approfonditi, storyline parallele tirate su un po’ alla buona.
Le carte in regola le aveva ma non le ha sfruttate come si deve.

Welcome: Probabilmente sono l’unico a restare un po’ freddo davanti a questo film. Mi è sembrato tanto un di quei film di critica sociale italiani, ma senza la forza che avrebbe uno dei nostri. Resta tutto un po’ troppo da intellettuali di sinistra francesi, di quelli un po’ benpensanti e pieni di buone intenzioni ma con poca vogliaa di agire davvero e che trovano più pratico lamentarsi random.

Valahlla Rising: I danesi hanno qualche problema. Questo film sembra una versione di Antichris di Von Triel con i vichinghi al posto delle mogli psicopatiche.
Il film inizia anche in modo vagamente interessante, una violenza esagerata caratterizzata da un uso iper realistico dei suoni che enfatizza la ferocia. Poi si passa al silenzio, in buona parte del film non succede nulla, senza dialoghi con giusto degli effettacci sonori da horror di serie b che servono ogni tanto a svegliare il pubblico (perlomeno io un paio di volte stavo per addormentarmi ma sono buono e voglio dare la colpa alla digestione e non al film).
Un nulla misticheggiante con le solite teorie che piacciono tanto ai nordici sulla scoperta delle americhe. Mah!

giovedì 18 giugno 2009

Perdere tempo in modo creativo

Visto che non sapevo cosa fare tra una mole di studio e l’altra ecco un bel modo per sperperare tempo; una lista dei film che attendo di più del 2009 con tanto di pro e contro, così giusto per perdere un po’ di tempo.

In ordine di uscita:
Coraline di Henry Selick
Pro: insomma il libro è bello ovviamente, Gaiman pare abbia collaborato attivamente alla nascita del film è il regista è lo stesso di Nightmare Before Christmas (che è forse uno dei migliori film d’animazione di sempre) e James e la pesca gigante. Pare tra l’altro sia il primo esempio di un 3d maturo, qualunque cosa significhi è_é.
Contro: dai trailer e dalle foto promozionale sembra esteticamente terribile, un’accozzaglia di colori e ghirigori inutili. Il regista è lo stesso di Monkeybone. Il 3d costa troppo per i miei gusti e dopo mezz’ora ti rompi il cazzo e ti viene mal di testa. Ma nonostante questi contro il mio hype continua ad essere alle stelle.

Bright Star di Jane Campion
Pro: I film di Jane, che ho visto, son tutti fighissimi (ho snobbato In the Cut che pare sia brutto e mi manca Sweetie che in italiano non si trova), soprattutto Ritratto di signora, questa volta ci racconta la storia di Keats interpretato da un puccissimo Ben Whishaw e nel cast c’è anche l’altrettanto pucci Paul Scheider.
Contro: a Cannes non sembra sia piaciuto molto. Sarà un Marie Antoinette 2.0?

La doppia ora di Giuseppe Capotondi
Pro: Giuseppe Capotondi è un regista dei videoclip che hanno accompagnato la mia giovinezza come il bellissimo Secretly degli Skunk Anansie e Certe notti di Ligabue, oltre a ciò molti dei suoi video contengono un ottima struttura narrativa e atmosfere inquietanti (date un occhiata a Our Lady Peace - Is anybody home?, Amy Studt - Under the thumb e soprattutto Keane - Crystal ball) che ben si adattano alla storia d’amore Thriller che il film dovrebbe raccontare. Il protagonista è il bravo, bello e marcissimo Filippo Timi e a produrre c’è la Indigo Film, la casa produttrice dei film di Sorrentino e de La ragazza del lago. Cosa volete di più? Ah, è girato a Torino *_*/.
Contro: A me sulla carta ispirava molto anche Imago Mortis che ha fatto schifo a tutti meno che a me, quindi siete avvertiti.

(500) Days of Summer di Marc Webb
Pro: ancora video; il regista in questione è l’autore di video bellerrimi tipo Helena e I don’t love you dei My Chemical Romance, Fidelity e Better di Regina Spektor e Call Me When You're Sober degli Evanescence. Il trailer è fighissimo. Inizia con la protagonista che dice “I love the Smiths…” come potrebbe non essere bello un film con un trailer che inizia così?
Nella colonna sonora tanta bella musica e come protagonista Miss pucci Zooey Deschanel.
Contro: gli sceneggiatori sono quelli de La pantera rosa.

Taking Woodstock di Ang Lee
Pro: Sinteticamente: Hippie, anni sessanta e colori psichedelici.
Contro: dicono sia un film superficiale. Ang Lee non mi fa impazzire.

Nel paese delle creature selvagge di Spike Jonze
Pro: Spike è tornato dopo due film bellerrimi (sto eccedendo nell’uso del termine bellerrimi?), il libro da cui è tratto il film è molto bello e ha delle illustrazioni bellissime. Karen O degli Yeah Yeah Yeahs ha coscritto la colonna sonora.
Contro: la Warner pare abbia rotto le palle a Spike perché il film faceva paura hai marmocchi, mi auguro le pressioni del produttore non abbiano troppi danni.

The Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson
Pro: Un film in stop motion, e la stop motion è figa, tratto da un libro di Dahl e diretto da Wes Anderson.
Contro: I Tenenbaum non mi è piaciuto. Mea culpa.

Mi incuriosiscono si ma non so se li vedrò al cinema:
Los Abrazos Rotos di Pedro Almodovar: a me Almodovar non piace molto a dire il vero ma questo pare sia il film più distante da suo stile solito e dal trailer sembra avere una fotografia bellissima.
Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino: voglio solo il segmento in stile nouvelle vague. Il resto mi interessa poco come gli altri film di Tarantino.
Nemico pubblico di Michael Mann: Depp che fa qualcosa che non sia il personaggio asociale burtoniano, potrebbe essere interessante. C’è anche quell’attrice francese bellissima che ha vinto l’oscar per quel film bruttissimo.

Chissà quando saranno distribuiti:
Away We Go di Sam Mendes: Dopo un film bellissimo come Revolutionary Road, Sam Mendes tira fuori una commedia india dall’estetica juno-esca. Potrà mai tirare fuori qualcosa di meglio di Revolutionary Road?
Chéri di Stephen Frears: un nuovo melò dal regista e dallo sceneggiatore de Le relazioni pericolose, a rendere più invitante il tutto la fotografia di Darius Khondji e la colonna sonora di Alexandre Desplat
Agora di Alejandro Amenabar: Secondo tentativo in lingua inglese, dopo il fortunato The Others, per lo spagnolo Amenabar. Da quanto ho letto in giro sembrerebbe un film femminista e contro i fanatismo cattolici, il tutto ambientato nell’alessandria d’egito all’epoca della filosofa Hypatia. Nemmeno questo è piaciuto un gran che a Cannes.
Moon di Duncan Jones: un film di fantascienza che mi ispira. Miracolo! E pare sia pure figo!
Micmacs à tire-larigot di Jean-Pierre Jeunet: il regista di Amelie torna alle origini con una commedia grottesca. Lo voglio subitooooooo. Visti i precedenti è probabile che punterà agli oscar, quindi più probabile un uscita a febbraio.
Carlston za Ognjenku di Uros Stojanovic: Kolossal serbo, fantasy-horror ambientato negli anni trenta. Dal trailer sembra un incrocio tra Il patto dei lupi, The Villane e Thelma e Louise. <3
Yattaman di Takashi Miike: non credo ci sia bisogno di commenti.
Rusalka di Anna Melikyan: film russo del 2007 candidato russo per gli Oscar nel 2008 e presentato al Sundance Film Festival. Paragonato da molti ad Amelie e a Il quinto elemento. Il trailer è molto bello e il precedente film della regista era visionario sulla buona strada.

lunedì 29 dicembre 2008

filmini

film


Diciamo che potrei continuare per ore a spostare le posizioni nella classifica, a parte i primi 5 che sono abbastanza certi, per cui teniamocela così giusto per fare un idea delle visioni dell'anno.

1. Il Divo di Paolo Sorrentino
2. Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street di Tim Burton
3. Control di Anton Corbijn
4. Lars e una ragazza tutta sua di Craig Gillespie
5. Speed Racer di Andy Wachowski e Larry Wachowski
6. Persepolis di Vincent Paronnaud e Marjane Satrapi
7. Il petroliere di Paul Thomas Anderson
8. Gomorra di Matteo Garrone
9. La banda Baader Meinhof di Uli Edel
10. Racconto di Natale di Arnaud Desplechin

11. La classe - Entre les murs di Laurent Cantet
12. Un bacio romantico - My Blueberry Nights di Wong Kar-Wai
13. Non pensarci di Gianni Zanasi
14. Il treno per il Darjeeling di Wes Anderson
15. Lo scafandro e la farfalla di Julian Schnabel
16. Once di John Carney
17. Hellboy - The Golden Army di Guillermo del Toro
18. WALL·E di Andrew Stanton
19. Be Kind Rewind - Gli acchiappafilm di Michel Gondry
20. Eldorado Road di Bouli Lanners

21. Caos calmo di Antonello Grimaldi
22. Gone Baby Gone di Ben Affleck
23. Il seme della discordia di Pappi Corsicato
24. La felicità porta fortuna - Happy Go-Lucky di Mike Leigh
25. Denti di Mitchell Lichtenstein
26. Cover-boy - l'ultima rivoluzione di Carmine Amoroso
27. Mars - Dove nascono i sogni di Anna Melikyan
28. The Orphanage di Juan Antonio Bayona
29. Juno di Jason Reitman
30. Sanguepazzo di Marco Tullio Giordana