venerdì 31 dicembre 2010

Ultima classifica

Cliccate sull'immaginina per vedere il video:

iamamiwhoami
iamamiwhoami - b o u-1 u-2 n t y diretti da Viktor Kumlin (?)
Un modo rivoluzionario per utilizzare i videoclip sfruttando internet. La sua saga è durata un anno e mi sembrava il caso di omaggiarla per intero considerandolo come un unico grande videoclip dell'anno.
Sebastien Tellier
Sebastien Tellier - Look diretto da Petra Mrzyk e Jean-François Moriceau
Animazione minimalista e sensuale, un piano sequenza segue una camminata nelle sue evoluzioni e metamorfosi.
Arcade Fire
Arcade Fire - The Wilderness Downtown (We Used To Wait) diretto da Chris Milk
Secondo video non tradizionale della classifica. Un esperienza visiva e tecnologica coinvolgente e liberatoria.
M.I.A
M.I.A – Born Free diretto da Romain Gavras
Un vero e proprio cortometraggio, shockante e violento.
Arcade Fire
Arcade Fire - The Suburbs diretto da Spike Jonze
La vita nei sobborghi rappresentata come una prigione.
Liars
Liars - Scissor diretto da Andy Bruntel
Una favola claustrofobica.
Lady Gaga
Lady Gaga – Telephone feat. Beyoncé diretto da Jonas Akerlund
Thelma e Louise incontra Kill Bill per il sequel di Paparazzi.
Kanye West
Kanye West - Runaway diretto da Kanye West
Terzo video non convenzionale della classifica, un vero film sulla breve vita di una fenice.
Massive Attack
Massive Attack - Psyche diretto da Dougal Wilson
Fantasmagorie in città deserte.
Florence + the Machine
Florence + the Machine - Cosmic Love diretto da Tom Beard e Tabitha Denholm
Giochi di luce e fotografia veramente notevoli.

Buon anno a tutti e forse questo sarà il mio ultimo post (e resterà on-line tipo 4 ore) visto che quei simpaticoni di netsons hanno deciso di eliminare quasi tutti i servizigratuiti a meno che non si paghino 15 € l'anno o si abbiano millemila contatti al mese.

giovedì 30 dicembre 2010

Classificone cinemoso 2010

film


Consueto classificone cinematografico annuale. A parte le prime posizione l'ordine degli altri film è facilmente invertibile.

1. Scott Pilgrim vs. the World di Edgar Wright
2. L'Illusionista di Sylvain Chomet
3. L'esplosivo piano di Bazil di Jean-Pierre Jeunet
4. La prima cosa bella di Paolo Virzì
5. Dragon Trainer di Chris Sanders & Dean Deblois
6. Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson
7. L'uomo nell'ombra di Roman Polanski
8. A Single Man di Tom Ford
9. Il profeta di Jacques Audiard
10. Porco Rosso di Hayao Miyazaki

11. Cattivissimo me di Pierre Coffin, Chris Renaud & Sergio Pablos
12. Fratellanza - Brotherhood di Nicolo Donato
13. The Social Network di David Fincher
14. Inception di Christopher Nolan
15. Somewhere di Sofia Coppola
16. Bright Star di Jane Campion
17. Urlo di Rob Epstein & Jeffrey Friedman
18. Potiche - La bella statuina di François Ozon
19. Soul Kitchen di Fatih Akin
20. Lourdes di Jessica Hausner

E giusto una nota di merito per Shadow - L'ombra di Federico Zampaglione.

Bonus, film che sarebbe il caso uscissero in Italia.

film


Kynodontas di Giorgos Lanthimos
Les amours imaginaires di Xavier Dolan
Whip It di Drew Barrymore

mercoledì 29 dicembre 2010

Classificona musicale 2010

Gli album del mio 2010:

album


-iamamiwhoami - http://www.youtube.com/user/iamamiwhoami
-Arcade Fire - The Suburbs
-Baustelle - I mistici dell'Occidente
-Uochi Toki - Cuore amore errore disintegrazion
-Crystal Castles - Crystal Castles
-Xiu Xiu - Dear God, I Hate Myself
-Foals - Total Life Forever
-Le luci della centrale elettrica - Per ora noi la chiameremo felicità
-M.I.A. - MAYA
-Klaxons - Surfing the Void

Ad allargare ad una ventina si uniscono anche loro:
-Crookers - Tons of Friends
-Marina & the Diamonds - The Family Jewels
-Kanye West - My Beautiful Dark Twisted Fantasy
-Teen Dream - Beach House
-The Niro - Best Wishes
-Jónsi - Go
-Tame Impala - Tame Impala
-Maximilian Hecker - I Am Nothing But Emotion, No Human Being, No Son, Never Again Son
-Deerhunter - Halcyon Digest
-The National - High Violet

Ovviamente tutto in ordine abbastanza random, forse.

mercoledì 15 dicembre 2010

Giorno 9

Henry: L’unico film italiano in concorso poteva tranquillamente starsene a casa sua. È semplicemente un film imbarazzante. È difficile capire quale fosse l’obiettivo di base; una sorta di Romanzo Criminale moderno? Una critica alle fiction italiane? In entrambi casi il risultato è fallito.
La sceneggiatura ha dei buchi grandi come il Gran Canyon, i siparietti comici non fanno ridere mentre il ridicolo involontario la fa da padrone. Certe battute di raro imbarazzo, per lo più uscite da bocca del personaggio interpretato da Paolo Sassanelli come quella sul Maresciallo Rocca, perché non puoi permetterti di fare battute sulla fiction italiana quando poi il tuo film è allo stesso livello di quelle produzioni.
La solitamente brava Carolina Crescentini viene rilegata ad un ruolo improbabile, come il suo partner Riondino che ad un certo punto sparisce senza lasciar traccia, probabilmente fagocitato da uno dei buchi di sceneggiatura.
Qui si partiva con l’intento di fare un cult ma il risultato finale è una moscia puntata di qualche fiction televisiva poliziesca di bassa qualità.

Super: Cosa non funzionava in Kick Ass? Il tentativo di inserire super eroi in un mondo realistico, rendendosi poi conto dell’impossibilità della cosa solo a film avviato. Super parte da presupposti simili ma inserisce la storia in un mondo decisamente irreale già in partenza lasciando a livello di realismo solo gli effetti della violenza. Il risultato è una versione più riuscita e completa di quello che è stato, il pur buono, Kick-Ass.
L’inizio è folgorante con la fantastica sequenza dei titoli in animazione. Il telefilm cristiano all’interno dl film è straordinariamente geniale e il personaggio di Ellen Page è di una follia sublime che trova il suo apice nella sequenza sulle note di Let Your Body Decide dei The Ark.

Bus Palladium: Avete presente i film italiani un po’ adolescenziali ma che puntano ad una qualità medio-alta e non sui classici film a la moccia? Beh, questo film potrebbe accostarsi a quella categoria solo che è francese. Solita storiella rise and fall di un gruppo musicale formato da giovani, bellissimi, che trovano facilmente un etichetta ma hanno problemi all’interno del gruppo per colpa di una ragazza bellissima pure lei (ci tengo a sottolineare bellissimi e non ci si risparmia di certo in patinate inquadrature di pettorali maschili e femminili). Si può dire che sia girato e interpretato in maniera sufficiente ma non offre nulla di rilevante. Buona la prova del canadese Marc-André Grondin già molto apprezzato qualche anno fa in C.R.A.Z.Y.

Neds: Film che si porta dietro tutti gli elementi tipici di certo cinema inglese ambientato negli anni ’70, come il padre alcolizzato, il fratello delinquente, una società che influenza i singoli individui però aggiunge trovate a svolte a tratti inquietanti e un po’ visionarie. La storyline prende pieghe più cupe e inquietanti del previsto fino ad una svolta, anch’essa a tratti visionaria, di quasi redenzione.

Por tu culpa: Il film vincitore come miglior attrice sembra più che altro una grande introduzione ad un film che però non parte. Sicuramente la protagonista da un buona prova, e non dev’esser stato facile far recitare dei bambini così piccoli. Il film però da la sensazione di essere quasi un prequel, una lunga premessa ad una storia che finisce per non svilupparsi mai.

martedì 14 dicembre 2010

Giorno 8

LiTTLEROCK: Più che un film un ritratto dei giorni trascorsi da una ragazza giapponese negli stati uniti in compagnia del fratello. Il film si sviluppa su due storyline; una principale che viene messa in pausa per far posto alla seconda che occupa tutta la parte centrale del film. Il risultato è che nessuna delle due storie è realmente coinvolgente fino in fondo e nemmeno completamente compiuta. Il film ha comunque dei bei momenti, soprattutto fotografici ma nel complesso risulta appena sufficiente.

Mr. Nice: Inizia come un biopic frizzante e ritmato, con Rhys Ifans al suo meglio nei panni del trafficante di droga Howard Marks. Sfortunatamente dopo un esordio fantastico il film comincia a perdere colpi, fino ad arrivare ad una parte finale incredibilmente lunga e verbosa difficile da digerire e che non presenta molte novità e sa troppo di già visto.

Wasted on the Young: Introducendo il proprio film in regista ha detto che vuole che il pubblico odi o ami il suo lavoro senza mezze misure, io lo accontento volentieri inserendomi nella prima categoria.
Ricchi e viziati australiani che vanno in una scuola privata e passano il tempo a bere, drogarsi e fare feste, stuprando giovinette e facendo i bulli con i compagni di scuola più deboli, finche questi ultimi sani e virtuosi non decidono di dar loro, a loro modo, una lezione. Io non sopporto divisioni così manichee; bevi, ti droghi uguale cattivo, non sopporto personaggi così netti e unilaterali. Trovo che sia estremamente fastidioso banalizzare gli adolescenti in modi simili facendoli diventare piatti stereotipi che fanno gola ai telegiornali in cerca dello scandalo facile. Oltre a questo lo svolgimento della storia va avanti in modo incredibilmente irritante e fastidioso, con divisioni sempre più nette e marcate che rendono il tutto sempre più inguardabile. Il cast di attori giovani oltre che esser formato da ragazzi e ragazze decisamente troppo belli per i canoni estetici di qualunque nazione va fastidiosamente alla ricerca di fisionomie simili a facce conosciute della tv americana come la coppia di protagonisti che sembrano le versioni ringiovanite di Penn Badgley e Michelle Williams.
Il regista dimostra di saperci fare tecnicamente curando molto il film dal punto di vista visivo e inserisce scelte molto interessanti come le fantasie dei protagonisti con l’effetto “divx che si vede male”.
Il film non ha coraggio, risulta fastidioso e irritante e un paio di scelte visive intelligenti non possono salvarlo dall’essere il cugino sfigato e dark di qualche telefilm americano alla Gossip Girl.

Burlesque: Sorpresa sorpresa, Burlesque non fa schifo ma anzi è un film medio d’intrattenimento che fa bene il suo lavoro. La storia non è di certo originale, non è che un mix tra Le ragazze del Coyote Ugly e Chicago con una prevalenza del primo sul secondo (certe scelte narrative sono pari pari come il furto a casa dalla protagonista per fare un esempio, ma le situazioni simili sono comunque tante). Cosa salva il film? Senza dubbio l’ottimo cast, non l’Aguilera che comunque non è proprio pessima, ma Cher, Alan Cumming, Kristen Bell, Stanley Tucci e il cameo di Dianna Agron, e soprattutto le canzoni e i numeri musicali. Ovviamente questi ultimi con il Burlesque hanno poco e niente a che fare, tolto il numero di Alan Cumming che è una sorta di versione aggiornata di Two Ladies da Cabaret, ma son comunque buoni e non semplici videoclip inseriti nel film in modo un po’ random. Sicuramente un paio di canzoni son messe dentro giusto da contratto, la seconda canzone di Cher ad esempio è quasi inserita a forza giusto per dare un altro pezzo alla cantante.

lunedì 13 dicembre 2010

Giorno 7

Homme au bain: Di solito mi piace il cinema di Honoré (in particolare Les chansons d'amour), mentre questo suo ultimo lavoro non mi convince del tutto e da l’idea di essere quasi incompiuto. Dopo un introduzione che definisce in pochi passaggi, soprattutto visivi, i personaggi (dal mezzo stupro alle varie foto hot in giro per la casa) il film si divide come si dividono le vite dei due protagonisti. La parte con Omar Ben Sellem ricorda molto le atmosfere dei precedenti film del regista con un buon lavoro di combinazione di musica e immagini, la storia da questa parte segue Chiara Mastroianni che interpreta praticamente se stessa in giro per gli Stati Uniti. L’altra parte del film si modella sul pornodivo François Sagat, lavorando sulla sua immagine, sul suo corpo mostrato, trattato da una parte come un’illustrazione di Tom of Finland finendo col risultare un personaggio kitsch come diceil professore inglese del film. Questa parte per quanto visivamente al servizio dell’attore, quest’ultimo non dimostra però una profondità espressiva sufficiente per giustificare le azioni del suo personaggio e certi suoi atteggiamenti quasi alla Lost in Translation.

Small Town Murder Songs: Il film ha delle ottime trovate registiche, come l’idea di introdurre le varie parti del film con passi della bibbia, è molto ben interpretato e definisce bene l’atmosfera dei claustrofobiaca della piccola cittadina in cui si svolgono le vicende. Tutto abbastanza buono se non fosse per la mancanza di ritmo e coinvolgimento e di un finale degno di nota. Le vicende infatti si concludono con troppa facilità senza dare un vero e proprio finale che resti impresso.

Napoli 24: Il problema di partenza dev’essere mio, chissà perché mi aspettavo una sorta di Paris, je t'aime in versione napoletana. Il film raccoglie 24 cortometraggi per lo più di registi esordienti e che sfortunatamente per la maggior parte puntano su medium documentaristico con il risultato però di corti che sembrano tanto filmini dei matrimoni e nei casi migliori servizi di telegiornale. Andando un po’ a memoria i corti che avevo apprezzato di più sono quelli di Nicolangelo Gelormini, Paolo Sorrentino e uno in bianco e nero su un tram di cui non riesco a recuperare il nome del regista.

Four Lions: L’idea è sicuramente geniale, fare una commedia sul terrorismo islamico prometteva grandi cose. Il film ha infatti un ottima sceneggiatura, certe situazioni e battute geniali e coraggiose (il corvo kamikaze è da premio). Il cast perfettamente all’altezza della situazione che sprizza una sana demenzialità geniale.
Insomma un buon prodotto con momenti con ottimi momenti di genialità.

Vampires: Mokumentary belga su una famiglia di vampiri che viva tranquillamente tra gli umani. Buona l’idea di portare i vampiri vecchio stile in Belgio e farli vivere accettati dallo stato (tanto che gli offrono volentieri gli immigrati da far “sparire”). La costruzione dei personaggi e delle regole dei vampiro sono buone e reggono bene (tranne il gioco Luna, eccessivamente trash anche per questo tipo di film), ci sono anche un paio di passaggi che di una certo gusto quasi poetico, come la vampira che “guarisce” in Canada. Il finale forse di appesantisce un po’ ma ciò nonostante resta un buon lavoro omogeneo e divertente.

domenica 12 dicembre 2010

Giorno 6

Cyrus: Commedia americana col giusto livello di cattiveria il cui pregio maggiore sta nelle interpretazioni dei 4 attori protagonisti. Mentre la prima parte del film potrà sembrare un po’ fredda e non troppo brillante da metà in avanti ingrana e passa all’attacco con trovate divertenti e intelligenti e dialoghi ottimi. Si poteva fare di più, soprattutto nella prima parte ma resta comunque un prodotto di buon livello.

Les hommes debout: Raccontare i cambiamenti di un paese tramite la storia di una fabbrica è un idea interessante, il risultato però sfortunatamente non è all’altezza. Il buon uso di di materiale di repertorio combinato a immagini girate a posta per il film è un elemento che ricordava il trionfatore dell’anno scorso del festival, La bocca del lupo, ma la storia di quel film era realmente coinvolgente mentre questa resta fredda e fa pesare i suoi soli 75 minuti di durata.

The Bang Bang Club: In poche parole, questo film è orribile. Ci si può anche andare a rifugiare dietro alla malefica definizione di “storia vera”, la storia sarà anche vera ma sullo schermo è semplicemente inverosimile e irritante. Partendo da un cast di modelli con paralisi facciale, a avvenimenti che accadono solo per esigenze di copione senza reali giustificazioni a livello narrativo. Il film ha una struttura tipica dei biopic Rise and Fall, con tanto di uno di droghe random che vanno inserite per forza all’interno di questo tipo di film, il big fail però sta nell’inserire la marijuana come droga di turno ma mettere come effetti quelli di droghe pesanti come l’eroina. Si può chiudere un occhio alla mancanza di schieramento da parte del regista alle vicende politiche che accadono nel film, perché dopotutto servono solo come sfondo ma non si può chiudere un occhio alle lacune in materia fotografica da parte del regista su un film che parla di fotografi.

sabato 11 dicembre 2010

Giorno 5

Maska: il nuovo lavoro dei fratelli Quay basato su un racconto di Stanisław Lem si porta dietro tutto il fascino dei precedenti lavori del duo aggiungendo una nuova attenzione straordinaria per l’apparato luminoso e aggiungendo una narratività insolita per i due registi.
Il racconto che in altre mani poteva diventare un normale film di fantascienza qui diventa un affascinante incubo medievaleggiante con trovate assolutamente visionarie.

Divers in the Rain: cortometraggio d’animazione di un duo di registi russi che racconta una storia d’amore tra due personaggi che non si riescono quasi mai ad incontrare. Scelte visive interessantissime e richiami surrealisti interessanti, il corto (25 minuti) però patisce un po’ per la sua lunghezza che lo fa spesso cadere in ripetitività non particolarmente apprezzabili.

Portrait of the Fighter as a Young Man: Lungometraggio romeno in concorso. Il film patisce della sua interminabile lunghezza, la storia viene raccontata soprattutto dalle lunghe e numerose didascalie piuttosto che dalle immagini. Le vicende mostrate risultano ripetitive e troppo simili tra loro e non giustificano per niente le due ore abbondanti della durata. Un lavoro decisamente poco riuscito narrativamente e che non presenta scelte di interessa dal punto di viste della regia.

The Myth of the American Sleepover: Trovo che questo sia un film interessante per molti aspetti. Si crea un atmosfera molto buona e affascinante e i personaggi sono scritti molto bene ma a scarseggiare è una storia degna di nota. Nonostante la durata ridotta il film fa sentire completamente il suo girare a vuoto. L’idea di rendere un rito di passaggio tipico della cultura americana come punto centrale dello sviluppo di personaggi e storie che si intrecciano tra loro finisce col l’essere uno spunto interessante ma non curato abbastanza e comunque non particolarmente capace di coinvolgere lo spettatore come dovrebbe invece fare un prodotto del genere.

Vanishing on 7th Street: Un horror decisamende disastroso. Si parte da una trama che prende a piene mani dal videogioco Alan Wake ma dalla base interessante non riesce a tirare fuori nulla di buono. I personaggi sono tagliati con l’accetta e recitati decisamente male. La cosa più fastidiosa di tutto il film però sono le frasi e metafore religiose sparse qua e là che rendono il prodotto un polpettone indigeribile con tanto di finale dentro una chiesa e mele rosse rovesciate per terra. Ma anche a voler far finta di nulla su tutto ciò il film comunque è completamente privo di ritmo e tensione con una storia più simile ad un pilot di una serie tv che di un film che magari potrebbe funzionare sulla lunga percorrenza, andando a ripescare certi elementi di Lost, ma che in 90 minuti fallisce in quasi tutti i campi.

Last Chestnuts: Film giapponese di un regista cinese, secondo quest’ultimo questo dovrebbe essere un dettaglio importante per capire certi aspetti del film. Probabilmente la mia scarsa conoscenza dell’attuale situazione tra Cina e Giappone non mi ha fatto notare questi dettagli fondamentali.
Il film non mi ha dato granché, non direi che sia brutto ma non mi ha smosso molto. Ha una storia molto semplice e girata in modo non particolarmente interessante, un lavoro che al di fuori di un festival non potrebbe sopravvivere.

giovedì 9 dicembre 2010

Giorno 4

White Irish Drinkers: Il mio terzo film in concorso. Un lavoro molto britannico per essere americano. Nonostante tutta la storia sembri finalizzata a trasmettere una sorta di morale quest’ultima non risulta pesante e non sembra comunque soffocare il lato narrativo del film e che non diventa mai troppo scontato (soprattutto sul finale). I personaggi ben costruiti soprattutto il protagonista ci fanno affezionare alla storia rendendoci più partecipi al tutto.

The Legend of Beaver Dam: Io personalmente penso che l’accoppiata horror/musical sia geniale. E questo cortometraggio ne è un ulteriore prova. La classica storiella horror con i bambini nel bosco minacciati dal mostro di turno si trasforma in un musical esilarante con trovate geniali degne di Edgar Wright. C’è da sperare di vedere questo regista alle prese con un lungometraggio il prima possibile.

John Carpenter's The Ward: Il problema di questo film è che sembra vecchio di 20 anni. Non riesce a fare a meno di tutti i clichè del cinema horror degli anni ’90 e finisce col risultare scontato nelle atmosfere e anche nella parte narrativa da metà in avanti. I balzi dalla sedia sono veicolati dalle musiche sparate e dalle solite immagini che appaiono all’improvviso. Le solite belle fighe che cadono una dopo l’altra sotto ai colpi di una creatura soprannaturale e il colpo di scena facilmente intuibile non coinvolgono e lasciano spesso annoiati.

Jack Goes Boating: l’opera prima di Philip Seymour Hoffman come regista è basata su un opera teatrale e forse per questo dal il suo meglio nei dialoghi brillanti e sorprendenti. Il film si rivela interessante anche da un punto di vista stilistico con una pulizia nella messa in scena. L’interpretazione di Philip Seymour Hoffman è ottima e riesce a defininire alla perfezione il suo personaggio.
In alcuni punti però il film patisce un po’ troppo la sua origine teatrale risultando un po’ troppo statico nonostante il buon lavoro di regia per dinamicizzare alcune scene.

mercoledì 8 dicembre 2010

Giorno 3

Kaboom: un esilarante follia multicolore che sembra un buon parto di uno sceneggiatore sotto effetto di allucinogeni. Un continuo di situazioni sempre più paradossali ed esilaranti. Un film destinato a diventare un cult. Scene assolutamente geniali come quella della strega e l’acqua o il finale in macchina.

This Movie Is Broken: abbiamo la commedia indie-pucci del festival dell’anno (l’anno scorso l’ambito premio(?) era di Breaking Upwards). Più che un film è un mega videoclip per i Broken Social Scene. L’idea molto carina di alternare al live della band in Toronto ad una storia d’amore che gira appunto attorno al concerto. Storia d’amore che prende delle pieghe piuttosto insolite però per questo genere di film. Il risultato è piacevole, soprattutto se si conoscono le canzoni della band.

Soulboy: Il mio secondo film in concorso, una commedia coming of age, il protagonista è quasi un cugino inglese del John Travolta de La febbre del sabato sera. Il film si lascia guardare e strappa vari sorrisi, nel complesso però ci sono problemi di sceneggiatura, tutto si evolve in maniera troppo semplice. Il protagonista impara a ballare facilmente usando come unica scusa che da piccolo faceva pattinaggio di figura e vengono tirati in ballo elementi troppo facili per questo genere di film e con troppa leggerezza come la droga.

martedì 30 novembre 2010

Giorno 2

Contre toi: L'opera prima di Lola Doillon è un film ben girato che però trova degli enormi problemi nella sua sceneggiatura e dal lato puramente narrativo. La regista racconta una storia piuttosto banale di sindrome di Stoccolma e lo fa in modo scontato e poco empativo. Già a metà film riesci ad immaginare come andrà a finire. I personaggi si incartano nei loro limiti e sembrano non avere un background abbastanza definito e finiscono per comportarsi in modo inspiegabile. Kristin Scott Thomas riesce a destreggiare bene il suo personaggio, non si può dire lo stesso di Pio Marmaï che dimostra spesso i suoi limiti recitativi.

Infedele per caso: Commedia inglese in concorso, uno dei pochi esempi di ironia sulla religione islamica, e non solo. Tutta la prima parte del film risulta un buon mix di dissacrante e surreale. Purtroppo nel finale perde un po’ di brillantezza puntando più su un umorismo semplice, risultando comunque un buon film.

Tournée: Il mondo del New Burlesque da dietro le quinte. Visto il premio di Cannes per la regia quasi mi aspettavo un continuo di virtuosismi. Invece Amalric si mantiene molto sobrio, usa spesso campi fissi per inquadrare le esibizioni delle protagoniste (vere artiste del Neo Burlesque) spesso da angolature dietro le quinte. Affascinante il personaggio di Joachim, interpretato magistralmente e ottime le performance delle neo attrici e attori.

127 Hours: Boyle non è un regista particolarmente amato in giro ma ha la fortuna di riuscire a tirare fuori un gran bel film coi controcazzi ogni tot di film medi. Ed è questo il caso, da una storia sulla carta infilmabile, Boyle è riuscito a tirare fuori un ottimo film, soprattutto tecnicamente affascinante grazie a delle trovate visive che ricordano in un certo senso Requiem For a Dream. La performance di James Franco è memorabile, soprattutto nella sequenza dello “show televisivo”.

domenica 28 novembre 2010

Torino Film Festival 2010

In diretta dal festival italiano con un pubblico formato dal 90% da accrediti, 9% pubblico col biglietto e 1% di abbonati fessi come il sottoscritto che non riescono a trovare nessuno che gli procuri un accredito.

Suck: Un filmino un po’ inutile in fin dei conti. Si parte dalla premessa di fare un film che parodiasse le tendenze recenti di fare film con vampiri ovunque e qui abbiamo una band che man mano che viene vampirizata diviene sempre più figa. Come dice un personaggio nel film “i vampiri sono fighi”. Per quanto sia lodevole il tentativo di fare dell’ironia su la fissa collettiva di turno senza andare a tirare fuori una triste parodia di tuailait (Vampire Suck), il risultato in questo caso non è particolarmente eccelso.Ci sono dei momenti di piacevole demenzialità, scene divertenti e cammei molto belli (soprattutto quello di Moby) il film comunque non spicca e risulta a tratti ripetitivo e un po’ troppo lungo per le sue potenzialità (nonostante sia di 90 minuti scarsi).Oltre alla demenzialità un altro fattore positivo è il flashback costruito utilizzando spezzoni di un vecchio film con Malcolm McDowell da giovane.

Animal Town: Questa si chiama robaccia noiosa. Sembra quasi la parodia di quello che in occidente viene concepito come film asiatico. Tiritere di nulla ripetitivo. Tentativo di rendere profondo il tutto con un finale fatalistico. Un nudo integrale e una scena di violenza completamente inutili che vanno perfettamente ad adattarsi all’inutilità complessiva del film.

venerdì 6 agosto 2010

Candyfornia

C’era una volta il mondo dei video pop mainstream. Era un mondo semplice in cui un video si poteva limitare ad avere qualche punto essenziale; doveva conquistare il pubblico maschile eterosessuale inserendo tette e attributi femminili in punti strategici e il pubblico femminile da abbindolare con una lieve dose di conformismo o una vaga love story nel concept del video. Facile e indolore, non richiedeva sforzi eccessivi (se non economici in caso si volesse fare gli sboroni). Se una pop star voleva strafare in certi casi gli era permesso ma eventi comunque moderati, come ci ricorda Gwen Stefani che si è purtroppo persa nei territori da soap di Sophie Muller. Tuttora ci viene da domandarci come siano nate le collaborazioni bizzarre (ma bellissime) tra Christina Aguilera e Floria Sigismondi o Kylie Minogue e Michel Gondry.
Dai cancelli dell’inferno un giorno però arrivò Lady Gaga, da Paparazzi la sua immagine finì nel totale delirio visivo, sfornando un video più assurdo dell’altro. Con richiami visivi che vanno dalle foto di Erwin Olaf e David LaChapelle fino ai film di Kubrick e Tarantino.
Il successo di Gaga ha trasformato questi elementi nel nuovo standard mandando in totale panico il mondo delle pop star.
Shakira, Rihanna, Leona Lewis, Christina Aguilera, tutte divorate dalla vampira Gaga, dalla sua musica si, ma 50% anche dall’immagine (credo).
Come correre ai ripari e salvarsi da questa vampira mangia plastica? Katy Perry e il suo team ci provano così.

California Gurls
Lady Gaga e i suoi collaboratori prendono registi e fotografi di mira per i loro video? Facciamolo anche noi!
Mathew Cullen incaricato di girare il video di California Gurls in parte cavalca l’onda del popolare Alice in Wonderland di Tim Burton (o più in generale il look dei suoi film più colorati) in parte invece si rifà direttamente all’immaginario del pittore americano Will Cotton che è stato anche direttamente coinvolto come direttore artistico del video.
Il concept è semplice; l’idilliaco mondo glamour della California diventa allegoricamente un utopia di dolci e belle donne. Un mondo che può nascondere pericoli in ogni angolo a che verranno comunque superati dall’eroina della storia.
Mentre i quadri di Will Cotton però cercano di puntare sulla delicatezza e un certo realismo, il video di Mathew Cullen punta invece sul kitch sfrenato e al cattivo gusto ricercato.
Il video è riuscito e funziona, e pare che anche in classifica il singolo dia buoni frutti.
Soluzione raggiunta quindi

mercoledì 9 giugno 2010

Alejandro Fernando Roberto

Dopo il kubrickiano Bad Romance e il tarantianiano Telephone a che altro immaginario poteva mai trarre ispirazione Lady Gaga e soci per il video di Alejandro?
Alejandro
La canzone dalle sonorità europop degli ABBA avrebbe lasciato intendere che ci sarebbe stato un altro video ironico e colorato, con uno stile estivo, invece la Gaga sorprende tutti con un video algido.
Le atmosfere sembrano attingere a quel tipo di erotismo dark che caratterizza svariati film italiani che trattano il nazifascismo come Il portiere di notte, La caduta degli dei, Senso ’45 e il recente Vincere (con un po’ di Raspberry Reich di Bruce LaBruce e il Cabaret di Fosse).
Il debutto alla regia del fotografo Steven Klein (in realtà aveva già diretto diversi visual per i tour di Madonna e alcuni spot pubblicitari) ci regala una varietà di immagini bellissime, anche grazie alla fotografia di Janusz Kaminski, il direttore della fotografia di gran parte dei film di Spilberg, e da buon fotografo predilige l’uso di piani fissi e campi abbastanza ampi per dare maggiore spazio alla spettacolarità delle immagini risultando poco videoclipparo per i canoni dei video musicali mainstream e dando invece un aspetto decisamente più compatto e cinematografico.
La Lady Gaga in veste di dittatrice a capo di un esercito gay, suora fetish, crocerossina e donna dominatrice ma per quanto spettacolari (ma decisamente sobri visti i suoi precedenti) possano essere le scene che la ritraggono non compensano le grosse lacune dal punto di vista narrativo e la mancanza di una trama si fa notevolmente sentire.
Leggendo i suoi vari commenti, che hanno preceduto l’uscita del video, si può capire che si erge contro al Don't ask, don't tell, alla posizione della chiesa sull’omosessualità, ma visto come prodotto indipendente il suo impianto narrativo risulta troppo confuso.
Sempre sia ancora possibile considerarlo un prodotto a se stante, perché ormai i video di Lady Gaga diventano sempre più simili a film sia da un punto di vista visivo che per quello che ci ruota intorno con i vari trailer e marketing vario.
La parte che trovo più interessante del video è probabilmente il finale, con la pop star che si lascia spogliare e travolgere, l’icona che viene cannibalizzata dal suo pubblico.
Il paragone con Vogue di Madonna che circolava con la diffusione dei primi teaser del video, può essere inadeguato dal punto di vista visuale, ma forse a livello concettuale sono sullo stesso piano in quanto entrambi si schierano apertamente verso un certo tipo di pubblico, pur non essendo artisti “tematici”, utilizzando stilemi ed elementi radicati in quella determinata cultura. Quello che forse richiama maggiormente Madonna è proprio lo stile di Klein (con la sua tipica palette di colori e l’uso di location minimali) che ha fortemente influenzato l’immagine della cantante nel suo ultimo periodo.
Un video glaciale a rinfrescare il panorama delle canzoni estive attendendo il prossimo video di Gaga.