Visualizzazione post con etichetta Torino Film Festival 2008. Mostra tutti i post
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venerdì 5 dicembre 2008

La fine

Così si conclude la sfiancante partecipazione al festival.
Settimo giorno:
Fu il turno di Wendy and Lucy di Kelly Reichardt, Wendy e una giovane che parte con il suo cane, Lucy, per cercare lavoro in Alaska. Le cose non andranno nel verso giusto, la macchina su cui viaggiavano si guasta e la cagna sparisce. Wendy si trova sola in un posto sconosciuto senza nessuno che la possa aiutare e senza soldi. Il film ci racconta la solitudine e lo smarrimento di chi ha perso tutto nello stile tipico dei film indipendenti. Oltre alla brava Michelle Wiliams il film complessivamente lascia un gusto di incompiutezza ma resta comunque un film godibile.
Ottavo giorno:
Ero molto incuriosito da Hunger di Steve McQueen e il film non mi ha deluso. Sono pochi i film che riescono a farti così male mentre li vedi, tutta la violenza e la durezza delle immagini ti viene lanciata addosso senza mai sembrare esibizionistica.
Come nel caso de Lo scafandro e la farfalla, anche se in modo totalmente diverso, il background di video artista del regista si fa sentire, soprattutto nella sequenza degli uccelli e nel finale.
Dopo l’inglese toccò a La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri in versione restaurata di cui non credo ci sia bisogno di scrivere altro Petri <3.
nono giorno:
Con la gentile partecipazione di Lift e probabilmente preso da un attacco di masochismo mi sono svegliato alle sette e mezza di mattina per andare a vedere The Edge of Love di John Maybury.
Dopo aver affrontato intemperie, autobus che non arrivano e quant’altro si giunge finalmente in sala a vedere il film. Con la solita Keira Knightley, che ormai non credo sappia più vestirsi come una donna degli anni 2000, ad interpretare la solita fanciulla innamorata. Diciamo pure che la colonna sonora di Badalamenti è ottima, la fotografia è grandiosa e costumi e scenografie impeccabili. Ma per il resto oltre all’ottima confezione il film non è nulla di così strabiliante, anzi a volte zoppica un po’ e il continuo uso di primi piani da un fastidioso effetto di telenovela. Ciò non toglie che sia comunque un film esteticamente appagante ma non aspettatevi di più.
Lasciami entrareFinalmente poi si arriva al film che probabilmente attendevo di più di tutto il festival, Lasciami entrare di Tomas Alfredson. Ora c’è da dire che parlare di un film così sconvolgentemente bello non è facile e ho volutamente fatto passare un po’ di giorni dalla visione per metabolizzare meglio il tutto ma lo stesso mi è difficile commentare in modo più argomentativi che dire “grandioso”. Partiamo dai lati negativi che son pochi; proprio non mi è andato giù il clichè classico che piace tanto a gli americani del figlio problematico per via dei genitori divorziati, che è probabilmente il punto su cui costruiranno tutto il remake americano, e non ho ben capito chi fosse l’omino random che va a casa del padre a metà film, magari un filino di spiegazione non sarebbe stato male. La colonna sonora l’ho trovata decisamente troppo canonica per il genere horror e anche l’uso delle musiche non originali è piuttosto classico e poco memorabile.
Ecco detto ciò, i difetti sono finiti e potrei cominciare a tessere le lodi del film. Film che è in grado di far scaturire nello spettatore le emozioni più contrastanti tra loro, si passa infatti dalla dolcezza e innocenza della storia d’amore alle più crude espressioni di violenza rigorosamente e minuziosamente mostrate dal regista. Arrivano sequenze memorabili e visivamente potenti come l’omicidio nel bagno, la neo-vampira attaccata dai gatti, lo spettacolare modo in cui muoiono i vampiri e soprattutto il primo dolce e al contempo cupissimo primo finale che poi apre la strada al secondo più ambiguo ma speranzoso.
Ultimo giorno:
Prince of Broadway di Sean Baker ossia il vincitore del premio della giuria. Una commedia indipendente su una paternità inaspettata. Simpatico e divertente un po’ sopravvalutato. Poco riuscito il parallelismo tra i due protagonisti e poco approfonditi i personaggi protagonista a parte.

giovedì 27 novembre 2008

Più mezz’ora di coda con il cantante dei Baustelle per vedere un film coreano + conoscere gente sul 101

Pensavate avessi gettato la spugna? Beh, quasi.
Terzo giorno:
Dopo circa 3 quarti d’ora in coda (con tanto di cantante dei Baustelle qualche decina di persone dietro di me) è stato il turno di Dream. È stato il mio primo film Kim Ki-duk. Per onor di cronaca diciamo che quando i film di quest’uomo escono in sala li vanno a vedere si e no 100 persone in tutta Italia mentre quando escono nei festival riescono a riempire una sala da 600 posti con molta facilità. Ad essere sincero non so se mi sia piaciuto o meno. La messa in scena è molto curata, bella fotografia e la storia è inquietantemente interessante ma spesso e volentieri per tutta la pellicola ci si trovava di fronte a momenti di comicità involontaria soprattutto legati ai dialoghi che fanno calare la qualità del tutto.
Quarto giorno:
Faceva troppo freddo e sono rimasto a casa. Tra l’altro quei simpaticoni dell’ENI si sono divertiti a togliere il gas a casa mia così ho passato allegramente la giornata a morire di freddo <3.
Quinto giorno:
The Escapist debutto al grande schermo per il francese Rupert Wyatt. Buon Prison Thriller pieno di numerosi richiami stilistici a Requiem for a Dream di Darren Aronofsky (basta pensare alla sequenza della preparazione della droga o all’epilogo finale). Buon ritmo e soprattutto buon lavoro con gli attori. Purtroppo però la sceneggiatura di tanto in tanto se ne va a puttane (chi mai si farebbe piantare un diamante di tali dimensioni su un dente e soprattutto non farebbe storie a vederselo portare via oppure per quanto possano esistere secondini stronzi dubito che lo sarebbero al punto di lasciare i detenuti liberi di organizzare combattimenti alla Fight Club) ma nonostante tutto resta un godibile film d’azione decisamente adrenalinico.
Dopo il film inglese è stato il turno del cileno Tony Manero controverso film di Pablo Larrain. Il film è il candidato ufficiale per il Cile per l’Oscar al miglior film in lingua straniera, e racconta le vicende di un sosia di Tony Manero che è disposto a tutto per poter arrivare ad una tanto attesa gara di sosia del personaggio del celebre film La febbre del sabato sera e non si farà scrupoli neanche ad uccidere per raggiungere il suo obiettivo. Il film oltre alla lieve sottotrama thriller e più che altro una descrizione cruda del Cile durante la dittatura attraverso il disgustoso e grottesco protagonista.
Sesto giorno:
Die Welle
Finalmente si è arrivati al miglior film del festival, il tedesco Die Welle del giovane e bello Dennis Gansel. Il film costato circa 5 milioni di euro in patria è stato un campione d’incassi e ottimi risultati li ha ottenuti anche in giro per l’Europa. Per un corso scolastico un professore deve spiegare l’autocrazia ai suoi alunni, dopo che alcuni di essi hanno espresso i loro dubbi su un possibile ritorno del nazismo in Germania cominciano un gioco/esperimento che finirà per degenerare. Il film mantiene dall’inizio alla fine un ottimo ritmo, con un montaggio serrato ma mai videoclipparo, e fa un buon uso delle musiche, il tutto si delinea con atmosfere e situazioni alla Skins per poi degenerare lentamente in corde simili a quelle dell’Elephant di Gus Van Sant. Pieno di punti di riflessione riesce ad essere al contempo un film di intrattenimento e anche un bel pugno nello stomaco.
Fa un po’ venire il nervoso vedere come quest’ottimo film riesce a descrivere bene una fascia di giovani e lo faccia in un bel film e che tutto sto ben di dio di roba incassi pure un botto mentre noi ci dobbiamo accontentare di Un gioco da ragazze o di Albakiara. No, non è giusto.

domenica 23 novembre 2008

Wanna be a Cineblogger

Come tutti ben sappiamo venerdì è cominciato il Torino Film festival. Quest’anno ho deciso di partecipare a tutto il festival corsi permettendo e avrei intenzione di provare a commentare qui le mie visioni come fanno i cineblogger trendy. Dubito di riuscirci vista la mia abnorme pigrizia ma tentar non nuoce.
Primo giorno:
Le feu, le sang, les étoiles di Caroline Deruas Garrel. Cortometraggio diretto dalla compagna di Philippe Garrel, che racconta delle reazioni avute in Francia dopo la vittoria di Sarkozy. Sinceramente l’ho trovato un po’ troppo intellettualmente e politicamente esagerato in alcuni punti (tipo la sparatoria, forse un po’ eccessiva) molto meglio le scene con la figlia. Complessivamente dava quasi l’idea che i francesi fossero contenti della vittoria di Sarkozy perché almeno così avevano qualcosa di cui lamentarsi e contro cui lottare.
Un altro film che non vedrete mai Armando e la politica di Chiara Malta coproduzione italo-francese che racconta in stile mockumentary di una donna che cerca di ricostruire la storia della vita politica del padre. Molto molto ispirato allo stile di Moretti e di Allen. Molto belle le sequenze in animazione.
Secondo giorno:
Filth and Wisdom
Il mio intento era di cominciare con W. di Oliver Stone ma il dio del cinema non ha voluto per cui nonostante sia arrivato al cinema tre quarti d’ora prima dell’inizio del film la sala era già ampiamente al completo da 40 minuti *_*” e la donnina dei biglietti mi disse “fanno uno spettacolo extra sta sera ma se vuoi entrare cerca di essere già qui due ore prima dell’inizio” °_°. Per cui carissimo W. ci rivedremo in altra sede.
In compenso per occupare due ore ho visto un altro mockumentary La grande truffa del Rock 'n' Roll di Julien Temple del 1979. Ora ad essere sinceri io i Sex Pistols non li conosco se non di fama e probabilmente per questo non ho apprezzato a pieno il film, in compenso però ho scoperto che mi piace Lonely Boy sempre dei sopraccitati che è già qualcosa.
Dopo i Pistols è stato il turno di Helen film anglo-irlandese in concorso scritto e diretto da Joe Lawlor e Christine Molloy. Il film potrebbe tranquillamente essere il cugino anglosassone della nostra La ragazza del lago. La pellicola racconta della scomparsa di una ragazza, Joy, e di Helen che mentre aiuta la polizia a ricostruire gli ultimi momenti prima della sparizione di Joy lentamente comincia a sostituire fisicamente e affettivamente la presenza della ragazza scomparsa nella vita dei genitori e del ragazzo che frequentava. Il film ha molto in comune con quello ci casa nostra oltre che sul lato di messa in scena, fotografia fredda che tende al verde e al blu, colonna sonora ambient e movimenti di macchina lentissimi, anche sul piano dello sviluppo narrativo.
A concludere la giornata Filth and Wisdom esordio alla regia di Madonna. Ora ad essere sinceri mi aspettavo tutto il male possibile da questo film che invece non ho trovato poi così pessimo, tutto sommato fa respirare una certa apprezzabile aria bohemien e le musiche dei Gogol Bordello sono un valore aggiunto. Gran parte del film riesce indubbiamente a far ridere ma non ho gradito più di tanto tutta la filosofia spicciola di fondo e i vari risvolti psicologici dei personaggi. Un film sicuramente non del tutto compiuto ma comunque abbastanza godibile, diciamo che se Madonna smettesse di fare la “cantante” per dedicarsi unicamente alla regia il mondo sarebbe un posto migliore.